(07 Ott 2007)



Dal blog Mediterrando.
Mediterrando è un viaggio: lungo i Paesi che si affacciano sul mare nostrum, verso le culture e i popoli che li abitano, letteralmente abbracciando le persone che incontreremo. E' un laboratorio esperienziale viaggiante di incontro e conoscenza, un percorso vivo di pace.




Finiamo per camminare per la via fino a raggiungere la cattedrale, che dalla scalinata apre la via in un bel rettangolo pavimentato... e all'entrata della chiesa una banda suona strane musiche, miste balcani, miste italiane. Sono italiani. Sono la TITUBANDA di Roma.

Girano per i Balcani ad esaltare i loro fiati, percussioni e trilli...clarinetti, basso tuba, trombone, trombe sassofoni e cosí via...Non resistiamo. Ci infiliamo col cartello tra la gente che li guarda. Poi, quando fanno una pausa, alcune di loro, visto il cartello, ci si fanno incontro, e ci abracciamo. Non vi dico come...é difficile raccontarlo.

Scopriamo che suoneranno all'orfanotrofio di Sarajevo e noi, raccontato il nostro viaggio, gli proponiamo di andare con loro per abbracciare i bambini. L'ho fatto stamane, per poco, ma é stato bello. Ve ne parleró.

Insomma, incontri su incontri. Cominciano a suonare, e noi a ballare, ballare come pazzi...poi fanno bella ciao e noi a squarciagola a cantare...tutto esaltante. Tutto incredibile.

Dietro di noi ci sono alcuni ragazzi, si ride, si scherza, si abbraccia. Due di loro, Sanel e Sandra, sono di Sarajevo ma vivono in sudtirolo. Iniziamo a parlare di ció che facciamo. Loro non ci credono, ma non perché lo credono una cosa sciocca, ma perché é una cosa fantastica. Fino a Gerusalemme? Salen ha diciannove anni, é sveglio come non lo sono mai stato, attento, capace, intelligente. Mi piace. Parliamo e parliamo. E´ stimolante ed arguto.

Gli parlo dell'abbraccio, di cosa significa, di cosa implica, della politica dell'abbraccio, del capitalismo che invade la nostra socialitá. E lui mi parla di sé, del suo essere tante cose, italiano, tedesco, bosniaco, musulmano. Mi invade con la sua curiositá. Ma poco dopo siamo costretti a lasciarci...e rimaniamo io e Gio, soli, illuminati da Sarajevo.

Siamo ormai a sera tardi. L'aria é pulita e le luci sono migliaia. Sopra il cielo si percepisce appena, cosí opaco sopra le luci piene dei locali ancora aperti, sopra l'aria addensata dai camini che sprigionano odore di carne grigliata e burek...una aria che ci fa sentire piú a casa che a casa. E mirando il minareto dalla fontana arabeggiante del quartiere antico della cittá, bello alto e abbracciato da due alberi superbi, ringrazio Sarajevo che ci ha voluto cosí bene...perché l'abbiamo rispettata. Tutto é furia in noi, it is too much. Le energie sono troppe, é troppo, come ciő che é incredibile ma c'é, ed é in te. E non lo tieni per te solo, ma lo doni...ed in questo donare divieni molto di piú.

Grazie Sarajevo per aver impastato i miei sogni con la realtá delle tue strade e della tua gente...é dolce il tuo sapore, ed ora me lo gusto, interamente. Questo é ció che ho guadagnato: un inesauribile sapore di te nel mio ventre innamorato.