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Marcello Jatosti [14 Lug 2004] Giovedì 1 luglio
Ore 22, il torpedone stacca finalmente gli ormeggi dalla Snia. Un paio di metri di canna verde da irrigazione, con la complicità del barattolone di camomilla solubile, (colmo però di sostanza verde essiccata altamente tonica), ci trasforma tosto, grazie all'ingegno di Mario, in una piccola orchestra ronzante come sciami di calabroni innamorati.


Il kazoo è uno strumento accattivante: leggero, economico, versatile, non richiede particolare impegno e dà immediata soddisfazione. Travolgente la versione del Bolero di Ravel. Qualche controindicazione: l'uso prolungato produce sullo strumentista dapprima un effetto di piacevole vertigine (dovuto all'iperventilazione) ma degenera (oltre 1 ora) in afonia e nei casi più gravi in gola-grattugiata, mentre può causare fastidi sul sistema neurovegetativo dell'ascoltatore (si consiglia l'uso concomitante di tappi auricolari).

Mi trastullo di bel bello, ma a mezzanotte ho un fremito e guardo fuori: Siamo a Civitavecchia. Azz! A quest'ora arriva a Genova il treno da Milano coi due Ottoni da imbarcare nell'impresa. Spasimo per loro. Poi mi dico, pazienza, è così che va sempre alle sbandate. Saranno pure milanesi, ma con all’attivo chissà quanti anni di militanza in gruppi altamente ritardatari e casinisti ormai saranno rotti alle lunghe attese e alla procrastinazie più estreme. Allora mi abbandono al rollio del torpedone...

E’ praticamente vuoto, il pullman. Molto meno scomodo di quanto temessi. Eppoi sono attrezzato: materassino srotolabile, tappi, borsa cuscino per piazzarmi nel corridoietto centrale. Mi monterà qualcuno addosso nelle soste pipì, ma il rischio è incluso nel biglietto (che oltretutto è gratis!)


Venerdì 2 luglio
Albeggia, ma non siamo ad Albenga, bensì proprio a Genova. In quel di Nervi, i due eroi mediolanici arrancano su pel salitone per imbarcarsi fra l'applauso sonnacchioso, ma unanime, dei titubandieri.

Hanno passato la notte a gonfiare gli otri del vento: spazzati dal ponente a raffica. Lo risputeranno tutto nei loro tuboni d’ottone suonando a scroscio, ininterrottamente e con tutte le fanfare sottomano, per l'intera durata del festivàl.

Alle due del pomeriggio, il pullman si ferma. Erio l’autista (Ryan-Erio), apre il cassone e in un colpo spazza via ogni nostalgia mandrakiana: ha lì dentro una bicicletta, che inforca, trasformandosi immediatamente in bagnante allegrone in canotta e sorriso ascellare sul lungomare francese. Che chiccheria!

Sulla spiaggia, allietati dai richiami dei magrebini venditori di gelati e caffè (musica pura), assaggiamo l'acqua gelida dell’Atlantico (in pieno Mediterraneo!) e la pasta al forno tiepida ma ottima, alla pugliese (altro punto karma per Mario cuciniere).
Il sole picchia duro.

Trasciniamo i titubanti al riparo dalle bruciature nel bar sotto il graticcio in attesa di François.
Alle sette, momenti di suspense. Brividi. Le batterie del torpedone sono andate. Si cercano aiuti.
Primo tentativo collegando i cavetti all’auto di François.
Fallito.
Secondo tentativo: a quella di François s’aggiunge l'auto del barista. Collegamento in parallelo. Contatto!

Il torpedone riparte alla volta del Domaine de Grammont, 12 chilometri fuori Montpellier. Una specie di villa Celimontana in stile praticamente napoleonico.
Che la festa cominci!

Mentre ci imbraccialettiamo, rifocilliamo, sbevazziamo, ci spaparanziamo sull’erba del parco, arriva José con un folto gruppetto di amici “spagnoli”. Le facce non tornano. Scopriamo subito che in realtà sono infiltrati clandestini belgi (per giunta fiamminghi). Ciò nondimeno li aggreghiamo alla masnada.

Mentre assistiamo alle performance delle altre fanfare, qualcuno già vorrebbe desistere e tornare a casa. Lo swing dei Fils du Pape, trascinati dal loro batterista ragazzino: godo fitto sulla jacksoniana Billy Jean, oltrettutto liberandomi dal capriccio velleitario di portarla in titubanda. La perfetta coreografia dei Circa Tsuica: ogni espressione del viso, ogni passaggio, ogni acrobazia, ogni singola nota degli assoli (anche quelli a testa in giù) sono perfettamente studiati e sincronizzati. Spettacolo di mezz’ora provato per mesi e che replicheranno tenacemente, passo a passo, per tutto il festivàl.

Ci diamo dentro anche noi, approfittandone per sentire un po’ come suona questa inedita compagine titubandesca con bassi d'importazione, clarinetti truccati da trombe per dare una mano alla sezione, accompagnatori trasformati di colpo in melodisti. Fortuna che non c’è Bobby, sennò sarebbe salito subito, sdegnato, sul primo treno per Roma.

Ma la voglia c’è, l'allegria pure, l’incoscienza e la follia non mancano, e col salire del tasso alcolico anche le ultime inibizioni andranno pian piano a farsi benedire.
Sotto la villa, intanto, si scatena un torneo di bande: le Ouiches Loraines ci danno dentro come treni. Funky da tiro. Spaventoso. Non c’è una stecca, non c’è una sbavatura, non c’è un calo di energia, non c’è un errore. Ma c’è una sezione bombardini (anzi bombardine) che attira subito metà della titu-popolazione maschile. I nostri le marcano stretto, da dietro, e avvicinando avvicinando, scopro Fabrizio che sotto lo sguardo attonito della sua Cateclarina quasi arriva a sfiorare col labbro l’agognato orifizio. Ovvero il bocchino a tazza dello strumento (ma che avevate capito?).

Nel frattempo, Ryan-Erio e il socio, detto Martufello... altro che ritirarsi in albergo! Sono lì che impazzano in mezzo alla festa. E da quel momento, imbraccialettati anche loro, non ci molleranno più, arruolandosi titubanditi (pazienza se sprovvisti di strumento) per godersi la goduria fino alla fine del festivàl.
All’una si spengono le ghirlande di lampadine, chilometri di lampadine bianche e colorate (penso a Giulia) che addobbano gli alberi della villa. La titubanda porta fuori dal parco il pubblico estasiato al suono di Bella Ciao.

Parlo con un ragazzo francese, cerco di capire il perché di tanto entusiasmo.
“Ma, sai: ci hanno un po’ rotto col loro funky perfettino. Sono freddi, anche un tantino arroganti, nella loro bravura. Questo è quello che ci vuole!” mi risponde, unendosi al coro partigiano in uscita dal giardino.


Alle 3 siamo in palestra: è sconfinata. praticamente vuota.
Piazziamo i materassini ben gonfiati gentilmente forniti dall’organizzazione lungo il tutto perimetro. Con un’eccezione. Un trombonista con 2 punti karma all'attivo da scialacquare si piazza al centro assoluto del campo da basket formato regolamentare. Egomania acuta? No, trombonismo notturno, scopro, sentendo vibrare nel silenzio assoluto il famoso accompagnamento balcanico, quello che ci raccomanda ogni volta, con tutti i levari al posto giusto.
ron-ròn-roròron
ron-ròn-roròron...

(fine della prima puntata)

Tutte le puntate!
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