Loris Campetti (20 Mag 2003)

[il maniefesto]

Un drappo rosso senza sigle, qualche bandiera della pace, migliaia di amici e compagni per l'ultimo saluto a Luigi Pintor in piazza Farnese. Sono amici e sono anche avversari, sono compagni che hanno vissuto insieme l'esperienza del «manifesto» e che hanno imparato molto da un maestro di vita e di giornalismo. Una cerimonia sobria, senza retorica nel tentativo di coniugare dolore, orgoglio e impegno per una storia che continua. Musica, poesie e parole al vento con la speranza che se dopo 32 anni siamo ancora qui, vuol dire che c'era qualcosa di importante nell'idea originale. Qualcosa da conservare


.........Tocca a Valentino Parlato intervenire per ultimo. Coniuga i tre fatigici sostantivi, «dolore, orgoglio, impegno». Un dolore tremendo che dà la perdita di un maestro che non faceva lezioni ma induceva a fare; un orgoglio per i nostri 32 anni di vita, di un giornale che è una forma della politica nella crisi dei partiti novecenteschi e che pretende di lavorare per quel famoso «un altro mondo possibile»; un impegno perché il dolore, anche il dolore di essere sopravvissuti, ci chiama a un impegno. «Servabo, dunque, cerchiamo di conservare questo giornale».
Con le note di Chopin, però, la cerimonia non finisce. Si aspetta la partenza del feretro. E c'è chi canta sottovoce Bandiera rossa, chi l'internazionale. Cantate in modo lieve, come in modo lieve un gruppo di ottoni suona Bella ciao. Si alza qualche pugno, si riempiono gli occhi di lacrime, il feretro se ne va. Ciao Luigi.